"La nostra è un’epoca essenzialmente tragica, perciò ci rifiutiamo di prenderla tragicamente. Il cataclisma c’è stato, siamo tra le macerie, e cominciamo a costruire nuove piccole comunità, a nutrire nuove piccole speranze. È un lavoro piuttosto difficile perché ormai la via che porta al futuro non è spianata: gli ostacoli però li aggiriamo, o faticosamente li scavalchiamo. Dobbiamo vivere, non importa quanti cieli ci siano crollati addosso."
D. H. Lawrence, grande scrittore.
Per chi non conoscesse il libro, questo è l'incipit de "L'amante di Lady Chatterley", meravigliosa storia di amore e di decisioni, ambientata nell'Inghilterra del primo dopo guerra.
Lo ripropongo qui, non tanto per parlare del libro, ma perchè al corso di scrittura che frequento con il CSM, il professore ci ha chiesto di portare degli incipit di libri che ci hanno segnato.
E io ho pensato nell'immediato a "Lolita" poi a questo.
Rileggendolo mi sono accorta che è molto di più di un semplice inizio di una storia, è quello che stiamo vivendo.
Certo, noi non abbiamo avuto guerre mondiali, ma il nostro tempo è essenzialmente tragico. E' tragico nel piccolo, per ogni singola persona. Siamo tutti diventati duri, ostili, opportunisti. Non esiste più la solidarietà che mi racconta mia nonna, la leggerezza che decanta mio padre. Siamo tragici e materiali, dissanguati da questa società senza valori e in crisi.
La nostra è l'epoca della crisi: crisi economica, crisi sociale, crisi dei modelli, crisi delle istituzioni, crisi del peso, crisi familiare e crisi di identità. Tutto è in crisi e dobbiamo ritrovare anche noi delle piccole speranze e ripartire da queste macerie immaginarie che ci trasciniamo dietro da decenni.
Macerie fatte di persone, di famiglie, di vite.
Perchè amiamo tanto farci dipingere come degli involucri vuoti dai pubblicitari e gli addetti al marketing, che ci studiano come topi, e ci mangiano come squali? Io sono materialista e non metto in dubbio che a volte sia giusto essere attaccati anche ai beni terreni; puoi farlo se sai la giusta misura.
Degradante, ecco qual'è la parola giusta.
Noi siamo la prima generazione a stare peggio dei propri genitori.
Siamo degradati, non andiamo avanti, ma lentamente decadiamo nella schifezza.
Rifiutiamoci di farlo, c'è sempre una speranza per una vita migliore.
Il nostro tempo è essenzialmente tragico; rifiutiamoci di viverlo tragicamente.
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